L'artista rielabora ritratti di epoca rinascimentale sovrapponendo ai loro volti nuovi marchingegni di ferro volti a correggere eventuali loro difetti: labbra troppo sottili, nasi un po' adunchi, occhi troppo piccoli, fronti o menti troppo sporgenti. Il canone di bellezza, di classica memoria, ancora una volta intende porre ordine in una natura che sembra rassegnata a subire qualsiasi artificio in nome di un dogma senza più significato, in nome di un qualcosa che non appare più quale aspirazione ma soltanto una forma di coercizione, un'assurda convenzione. Il tutto filtrato sempre attraverso il variegato universo femminile che nell'intera opera di Vania Elettra Tam è protagonista assoluto di un immaginario al tempo stesso reale e irreale, ironico e onirico, straniante e rivelatore, capace di smascherare con intelligenza e leggerezza le molteplici sfaccettature delle proprie insicurezze e fragilità.